Lettera n. 750

Mittente
Fortini, Franco
Destinatario
Corti, Maria
Data
29 luglio 1971
Luogo di partenza
Ameglia
Luogo di arrivo
Milano
Lingua
italiano, latino, francese
Incipit
Cara Corti, mi fa piacere di pensare a lei, sempre entusiasta del suo lavoro ma ora, spero, in vacanza.
Explicit
O ad avere qualche dubbio in più, cara Maria Corti. La ricorda con molto affetto il suo | Franco Fortini
Regesto
Per Fortini riposarsi in vacanza equivale a riscoprire «una quantità di inadempienze, di velleità, l'ostinata illusione di non dover morire». Leggendo simposi di critica e metodo critico, si chiede come mai si sente come il comunista polacco di una barzelletta: praticante, ma non credente. La trasformazione della critica letteraria in «how-to-do-it universitario, sublime o infimo», con auto-riproduzione di scienza (come dimostra anche la migrazione verso l'insegnamento universitario degli ultimi resti della critica militante, anche se Benjamin non giunse nemmeno a essere «Frei Dozent») e la sempre più frequente impossibilità, negli scritti dei critici universitari, di risalire dalla ideologia di base a schemi teorici e metodici oggetto di vera controversia e dialettica profonda (nel lessico familiare di Fortini, capace di coinvolgere quello che per gli altri è la superficie, ossia il presente-come-storia), col risultato di far riapparire quella soggettività o sensibilità che viene di solito associata, con una smorfia di disgusto, ai cosiddetti "criteri impressionisti". Queste cose Fortini non dovrebbe dirle se tiene ad andare («vecchio bavoso») a Pavia, perché la scelta di Siena lo costringe a ritmi tali da aggravare le sue facoltà fisiche e morali. Chissà che Corti non si penta di avergli concesso tanta fiducia. Fortini si domanda perché Corti, tanto fine e intelligente, non ammetta che non bisogna occuparsi dei contemporanei (Montale, Vassalli, Manganelli) se non nei modi della passione o del sarcasmo, dato l'orrore del presente, e che il peggiore errore da cui Benjamin mette in guardia è quello di credere che si possa aequo animo studiare Sannazaro e Fenoglio. Il "genere" prediletto di Corti e Fortini è una camera di compensazione o decompressione che accompagna le opere, attenuando il sospetto angoscioso che nei confronti del passato (anche individuale) si possa solo oscillare tra "l'impossibilità della rievocazione" (come, rifiutandola, la chiamava Croce), ossia tra l'eterogeneità radicale delle società e delle esistenze, e l'identità, la ripetizione, lo spettacolo noioso dell'immortale peccato. Fortini critica Adelphiana; si chiede come mai compaia Sergio Solmi, e si risponde che si tratta della letteratura dei "veri signori", categoria critica (Eliot o Valéry, per esempio) che risorge sempre dalle sue ceneri. Fortini vorrebbe scrivere a proposto di Adelphiana: «Ci sono purtroppo moltissime e degne persone persuase che Borges sia un grande scrittore…». Con queste parole non crede di indurre Corti a disprezzarlo, ma solo a stimarlo di meno o a dubitare maggiormente di lui.
Testimoni
  • Pavia, Centro di ricerca sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei dell'Università di Pavia, Maria Corti, Maria Corti, COR 7.F
    221
  • Siena, Centro Studi Franco Fortini, Franco Fortini, Franco Fortini, Corrispondenza, scatola XXVI, cartella 37, Franco Fortini a Maria Corti
    lettera n. 1