- Mittente
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Fortini, Franco
- Destinatario
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Avalle, d'Arco Silvio
- Data
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10 dicembre 1970
- Luogo di partenza
- Milano
- Lingua
- italiano, latino
- Incipit
- Caro Avalle, (uno scambio epistolare di un quarto di secolo fa mi autorizza a questa forma confidenziale)...
- Explicit
- ,... melismi ed epigrammi di tradizione inglese e francese settecentesca ma come filtrati dal Rosenkavalier straussiano. | Mi creda suo | Franco Fortini
- Regesto
- Uno scambio epistolare di un quarto di secolo prima autorizza Fortini a usare questa forma confidenziale per esprimere dubbi sulla scomposizione di Avalle di A Liuba che parte. Si tratta, da un lato, della legittimità di una scomposizione secondo il gioco delle rime interne; dall'altro, dell'interpretazione del modulo strofico come corrispettivo ritmico del secondo elemento della tensione drammatica tra persecuzione sottintesa e «ingenuo-patetico del gatto-lare».
Quanto al primo dubbio, Fortini non crede che le rime interne autorizzino a ipotizzare una cesura equivalente alla cesura forte di fine verso: ogni rimalmezzo ipotizza una cesura nel momento in cui la nega. D'altronde, nella lettura mentale i valori grafici non possono essere facilmente trasgrediti. Un endecasillabo "frantumato" del proto-Ungaretti è sostanzialmente diverso da uno "ricostruito" del secondo Ungaretti; inversamente, nessuna fluidità discorsiva e ritmica consente di sottovalutare la forma delle pseudo-terzine pascoliane nei poemetti di Pasolini.
Quanto al secondo dubbio, la tesi di Avalle va corretta in conseguenza del primo dubbio. Quella stessa funzione di corrispettivo ritmico del secondo polo della tensione drammatica della poesia la adempie altrettanto bene l'apparenza di parodia (imitazione) di arietta d'opera, confermata da lettori autorevoli. Non pare economico cercare un'altra allusione o criptocitazione metrica al di là di quelle implicite nelle referenze culturali (il "grillo del focolare", "or ti consiglia", il "lare", il "flutto", l'"arca"): melismi di tradizione inglese e francese settecentesca ma come filtrati dal Rosenkavalier straussiano.
Infine, se per Avalle il corrispettivo ritmico del particolare, tra ingenuo e patetico, del gatto sarebbe il modulo strofico, quale sarebbe il corrispettivo ritmico della drammaticità sottintesa della persecuzione in atto? Fortini sospetta che la drammaticità dello sfondo strofico, ben presente ne Gli orecchini, qui non ci sia. "I ciechi tempi" è una deprecatio temporum del più puro stile decorativo-arguto, l'interrogativo è di conversevole falso imbarazzo, lo "splendido" è mondano. Fortini non vede verità profonde ma solo una squisita verità leggera.
- Testimoni
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Pavia, Centro di ricerca sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei dell'Università di Pavia, Maria Corti, Maria Corti, COR 7.F
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