Lettera n. 1015

Mittente
Fortini, Franco
Destinatario
Carena, Carlo
Data
16 agosto 1982
Luogo di partenza
Ameglia
Luogo di arrivo
[Torino]
Lingua
italiano, francese, tedesco
Incipit
Caro Carena, ti invio altre 27 cartelle kafkiane* da far copiare. Non ho qui la numerazione precedente, fai numerare in alto a sinistra, per favore.
Explicit
Signor Gesù, facci invecchiare non indegnamente. Tuo | Franco Fortini
Regesto
Fortini manda a Carena altre 27 cartelle kafkiane da far copiare. È a un quarto del lavoro, e in ritardo solo di un quarto del tempo previsto. Crede di riuscire a finire entro fine anno. Delle traduzioni già esistenti la migliore è quella di Castellani [Franz Kafka, La metamorfosi e altri racconti, traduzione di Emilio Castellani, “Einaudi Biblioteca Giovani”, 1976], seguita da Zampa [Franz Kafka, Il processo, traduzione di Giorgio Zampa, Milano, Adelphi, 1972]. Ma le più fedeli sono le due più vecchie, cioè quelle di A[nita] Rho e Rodolfo Paoli, sebbene diversamente illeggibili. Fortini invia un manoscritto di traduzioni delle poesie di Mary Sarton, poetessa americana settantenne molto nota, precedute da un saggio della medesima e seguite da una nota del traduttore Alfredo Gigliobianco (Cremona): un economista amico di Michele Salviati. L'impressione di Fortini sulle poesie, giudicate già molto positivamente da [Alfonso] Berardinelli, è di un'indiscutibile qualità poetica; un gusto molto rétro, nobile-sublime, tra [Reine Maria] Rilke e [Paul] Valéry (nomi dichiarati nelle poesie), di immobile narcisismo. La "frattura", come si dice, è sempre alta, di postura solitario-eroica, non senza bellissime notazioni. Fortini è favorevole alla pubblicazione, previo giudizio di [Sergio] Perosa e [Camillo] Pennati, che possono valutare se questa Sarton non sia una specie di Diego Valeri americano. La traduzione pare generalmente buona e intelligente, ma con cadute di gusto che si potrebbero correggere (Fortini ha già scritto le sue riserve a Gigliobianco). La casa editrice potrebbe farsi mandare altre sue traduzioni, oppure impegnarlo direttamente. Si potrebbe sentire il parere di [Pier Vincenzo] Mengaldo. Fortini ha vari manoscritti poetici dei quali riferità a voce. [Milo] De Angelis [Millimetri, “Collezione di poesia”, 1983] è il primo dei nuovi a uscire, seguito da [Luigi] Di Ruscio, che scrive a Fortini e a [Walter] Siti lettere folli, e che presto andrà a Milano. Fortini deve raccontare a Carena di una baruffa avvenuta a Bocca di Magra con protagonista De Angelis, fuori di sé per la paura che i suoi versi fossero stampati in uno stesso volume con quelli di Di Ruscio. Fortini sta scrivendo per una rivista alcune pagine di interpretazione dei versi di De Angelis, che sono il frutto migliore del neonietzschismo anni Settanta. Fortini sa che la casa editrice aspetta con urgenza un parere sul romanzo The Devil's Stocking di Nelson Algren [1981], inviato probabilmente da Candida Donadio & Deborah Ropers. Fortini ne ha letta buona parte. Il mondo è sempre quello di bassifondi, droga, prostituzione, eccetera. La scrittura è sempre quella cinematografica. Né bene né male, mestiere, ma vecchia musica. Se ne può fare tranquillamente a meno. Quanto a Werner Raith, Spartacus [Berlin, Wagenbach, 1981], mentre Fortini conferma la sua simpatia per questo genere di scritture, accoglie buona parte delle perplessità espresse in riunione. Il libro non è “Einaudi” perché troppo divulgativo. Da due mesi Fortini deve un parere su Erich Loest, Durch die Erde ein Riss. Ein Lebenslauf, Hoffmann und Campe [1981]. Il risvolto di copertina riassume il contenuto delle oltre 400 pagine autobiografiche di questo romanziere cinquantenne: Hitlerjugend, poi redattore di un quotidiano di Lipsia, membro del partito, in rapporto con tutta l'intelligenzia della Germania Est, speranzoso dopo la rivota del 1953 e il XX Congresso (tout comme un chacun) e, dopo un viaggio in Ungheria, in galera per 7 anni. Dal 1981 vive a Osnabrück. Diario esemplare, vita comune a tanti che hanno vissuto il “destino speciale” (Sonderschicksal) della Germania dell'Est. La questione capitale per la casa editrice non è di pubblicare il libro (che per Fortini non è da pubblicare per la sua anche simpatica rozzezza e per il suo livello “andante”), ma di decidere se il tema (memorialistica letterario-politica della Germania Est, o dell'Est in genere) è da considerare importante o no. Se sì, allora si incarichi [Cesare] Cases o chi per lui di proporre 5 o 10 libri, anche non recenti, tra i quali scegliere. Ma non si stia ad aspettare che gli editori le abbiano annunciate o stampate, ogni volta riproponendo in riunione il tema generale a proposito del caso particolare. La cosa si ripete per un buon numero di temi, soprattutto di (relativa) attualità politica, o semplicemente di attualità, o che si suppongono interessanti. Siccome non esiste lo specialista in memorialistica ungherese o cecoslovacca o cinese, si finisce con l'affidarsi alla notorietà dell'autore, o più spesso a lasciare cadere, diventando sempre più “polverosi”. Fortini riconsegnerà il libro, e parlerà di altri testi alla prima occasione. Chiede quando è in programma una riunione, dato che desidera rimanere ad Ameglia il più possibile. Preoccupazioni familiari e isolamento. [Franco Fortini, Il Ladro di ciliege e altre versioni di poesia, con testo a fronte, “Supercoralli”, 1982] non poteva essere pubblicato in un momento peggiore. Fortini chiede che gli mandino qualche recensione, e di proporre un mini-rilancio. Saluti a Giulio [Einaudi], [Claudio] Ruga[fiori], [Francesco] Ciafa[loni], Agnese [Incisa].
Testimoni
  • Torino, Archivio di Stato di Torino, Einaudi, Einaudi, Serie «Corrispondenza con collaboratori italiani», cartella 83, fascicolo 1263 («Fortini»)
    1148/1 – 1149/1